C’è ancora domani, esordio alla regia di Paola Cortellesi, sta ottenendo un grandissimo (e forse inaspettato) successo. Presentato in anteprima alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, ha vinto il premio del pubblico, il premio speciale della giuria la menzione speciale alla miglior opera prima ed è (ad oggi) il film italiano con il più alto incasso dalla pandemia. Il film narra la storia di Delia, moglie di un marito violento e madre di tre figli, che vive guadagnando quel che può, accudendo il suocero molesto e cercando di non far arrabbiare il marito. «Ha il difetto che risponde», che è generosa e che ha – letteralmente – un sogno nel cassetto: la tessera elettorale. Fino alla fine ci lascia credere di voler scappare con Nino, vecchio amore adolescenziale, invece, segretamente, corre alle urne il 3 Giugno 1946.

Un film femminista

L’emozione predominante durante il racconto è l’angoscia, incrementata dalla scelta del bianco e nero. In un mix di riferimenti al neorealismo e alla comicità romana, la regista si sofferma sui dettagli, sulle minuzie di una casa povera, le ‘piccole’ azioni della protagonista. Si rimane col fiato sospeso tutte le volte che accade un imprevisto che rallenta Delia, anche banale, poiché ci si affeziona a lei al punto di desiderarne la libertà. È un film femminista e se Barbie era stato definito didascalico potremmo fare altrettanto adesso. In questo caso, però, è la violenza che rende il messaggio chiaro e impattante: se Gerwig aveva usato un’icona, simboli e colori per impartire un insegnamento, Cortellesi sfrutta la forza della brutalità stemperata dalla sua sempre apprezzata ironia.

C'è ancora domani
Fotogramma di: C’è ancora domani © 2023 Paola Cortellesi/Wildside/Vision distribution

Scelte stilistiche e narrative

Un esempio di scelta ironica e intelligente presente nel film è la scena che vede Delia picchiata dal marito magistralmente interpretato da Valerio Mastandrea. Qui la brutalità lascia per qualche minuto spazio alla fantasia grazie alla quale vediamo i due ballare ‘insieme’; ogni schiaffo o gesto brusco dà vita a un passo di danza di una coreografia tragica e disarmonica. Così facendo, quello riportato è un quadro del patriarcato estremamente eloquente, ma che sembra prendersi in giro da solo. Gli uomini comandano, posseggono, amministrano, zittiscono e lo stesso meccanismo si verifica in ogni famiglia di ogni ceto sociale, a dimostrazione di quanto certe convinzioni vadano ben al di là della cultura.

Il finale di C’è ancora domani quasi sorprende, nonostante ci fosse stato qualche indizio. La speranza che Delia riesca a fuggire da una vita di abusi rimane viva fino all’ultimo, ma una madre come lei non avrebbe mai abbandonato i figli. La camicetta nuova, il rossetto e i documenti nascosti rappresentano una libertà più grande della propria, di quella individuale; una libertà ideologica, la libertà di tutti. Delia così facendo prova a cambiare e migliorare non solo la sua vita, ma quella di tutte le donne. Cantando felice davanti al seggio, Paola Cortellesi e la sua Delia, grazie anche alla musica di Daniele Silvestri, ci ricordano di non rimanere mai A bocca chiusa.

Sveva Serra
Classe 2004, classicista ancora per poco, aspirante giornalista, metà napoletana e metà romana, socievole e determinata. La scrittura ha dato un senso alla mia vita e mi rende libera. Credo nel potere delle parole e dell'onestà. Sono avida di vita e piena di voglia di fare.

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