Da che è nata la medicina moderna sono stati spesi sforzi immani da parte di milioni e milioni di persone per una dura lotta contro la morte e la malattia. Nonostante ciò, i patogeni sono molto più agguerriti e numerosi di noi e lottano strenuamente per la sopravvivenza. Solo due malattie infettive in tutta la storia del mondo sono state completamente eradicate dall’uomo. Il vaiolo (umano) e la peste bovina, quest’ultima pericolosa solo per i capi di bestiame.

Tutto cominciò con un prurito

Il vaiolo, variola major, ha una mortalità elevatissima, tra il 15 e il 30% (l’attuale vaiolo delle scimmie è al 3% ma se ne parlerà in un altro articolo); ancora oggi non esiste una cura (ma esistono antivirali che possono in qualche modo aiutare) e anche per coloro che sopravvivevano alla malattia non era certo tutto rosa e fiori.

Il primo caso accertato clinicamente risale addirittura a Ramsete V d’Egitto, sul cui corpo mummificato si conservano i segni della malattia dal 1000 Avanti Cristo!

Dopo il 1500, con le colonizzazioni europee il virus ha potuto raggiungere anche le Americhe e l’Oceania, decimando la popolazione locale e ponendosi tra le principali cause del crollo degli imperi Maya e Azteco.

Circa 100 milioni di persone morirono solo in America nel secolo successivo a causa delle epidemie delle nuove malattie portate dagli europei, tra le quali il vaiolo era la più mortale e dunque la più pesante sul bilancio dei decessi.

Altro che la Pfizer

Esisteva una pratica molto antica per scongiurare le morti da vaiolo, della medicina tradizionale indiana e cinese, chiamata ‘variolizzazione’. Consisteva nel prelevare materiale dalle pustole dei malati di variola minor e farlo inalare oppure metterlo a contatto di una piccola ferita della persona che si voleva proteggere. La variola minor era molto meno pericolosa della forma major o della forma haemorragica; quindi con questa procedura il soggetto sviluppava immunità anche alla forma major.

Per farlo, però, doveva a tutti gli effetti ammalarsi di vaiolo (seppur in forma meno pericolosa) e per giunta sniffando croste schifose di altri malati. La pratica non era affatto sicura; non essendoci alternativa erano però molti, soprattutto fra i ricchi, che decidevano di sottoporvisi e che pagavano per farla fare ai figli. La mortalità era intorno al 2-3% e in ogni caso si pativano i sintomi dell’infezione da vaiolo con la pelle di tutto il corpo massacrata da pustole rivoltanti e dolorose.

Illustrazione di Lorenzo Miola

Le mucche col Green Pass

Nel 1796 Edward Jenner, un medico Britannico, trovò una soluzione migliore. Aveva notato che i pastori, le mungitrici e chi lavorava con le mucche tendeva ad ammalarsi di vaiolo molto più raramente. Studiando i casi in maniera più approfondita scoprì che fra loro alcuni erano immuni poiché avevano contratto dal bestiame il vaiolo bovino, che può contagiare gli esseri umani ma non ha quasi alcun sintomo se non al massimo, in alcuni casi, delle lesioni purulente della pelle molto più limitate delle altre forme. Spiacevole, sì, ma non letale e molto molto molto meno pericoloso. Jenner prelevò dunque del pus da una lesione alla mano di una donna col vaiolo bovino poi lo inserì in un preparato che iniettò al figlio del suo giardiniere a cui fu proposto l’esperimento con l’intento di evitare al bambino la possibilità di ammalarsi.

La povera cavia umana non sviluppò sintomi e risultò poi essere diventata immune al vaiolo. L’esperimento fu ripetuto e i risultati furono così promettenti da poter proporre il trattamento al grande pubblico nel 1801. Il virus utilizzato era il variolae vaccinae, (vaiolo delle vacche) da cui deriva il termine vaccinazione. La sua produzione non era semplicissima e, specialmente fuori dall’Europa, era molto difficile la vaccinazione di massa.

Nei decenni e secoli successivi la malattia continuava a falcidiare la popolazione proprio a causa di questo problema. Si stima che i casi di vaiolo fossero, nei primi anni cinquanta, oltre 50 milioni all’anno, quasi l’attuale popolazione italiana, e ricordiamo che una significativa fetta di loro moriva tra atroci sofferenze. Ma siamo negli anni ’50, non nel medioevo. L’umanità ha finalmente le armi per difendersi e rispondere al fuoco, non con fucili ma con aghi da siringa.

A un passo dalla vittoria!

Tutto il mondo unì le forze, nel dopoguerra, per far fronte comune contro la malattia. Per la prima volta il vaccino fu prodotto in scala industriale e donato anche ai paesi che non potevano permetterselo per tentare l’impossibile, cancellare il vaiolo dalla faccia della Terra. In appena 20 anni, grazie al vaccino moderno (basato comunque sui principi di immunizzazione introdotti da Jenner), i casi di vaiolo si erano già ridotti a poche migliaia e solo in paesi tropicali, in particolare del corno d’Africa che al tempo era una zona estremamente difficile da raggiungere sia per la mancanza di strade che per la guerra civile che riguardava quelle nazioni. Ricordiamo che solo e soltanto grazie al vaccino si sono abbattuti i casi del 99,9% in 2 decenni.

Ma gli sforzi dei medici non si fermarono fino a giungere alla totale eradicazione del vaiolo nel 1975 con la guarigione dell’ultimo paziente, un uomo di nazionalità somala.

Zero casi all’anno. In tutto il mondo.

È finita. Abbiamo vinto.

Abbiamo vinto?

Spiumare l’Angelo della Morte

Dopo 3 millenni di circolazione naturale del virus e una quantità di vittime letteralmente incalcolabile che si aggira intorno al miliardo, finalmente il virus fu tolto di mezzo. Il processo è stato favorito dal fatto che non esistono portatori sani del vaiolo umano, pertanto era molto facile riconoscere i casi di malattia e isolare i soggetti colpiti. La mia stessa madre, nata nel ‘69 è stata vaccinata contro il vaiolo così come tutti i nati prima del 1977. Ancora nei primi anni 70 si assisteva a piccoli focolai della malattia che uccisero però solo poche decine di persone, data la prontezza nell’isolare i malati e l’immunizzazione della popolazione.

Ma la malattia riuscì, tre anni dopo l’ultimo caso al mondo, a mietere ulteriori vittime nel 1978. Com’è possibile se non ci sono stati più malati per tre anni? Neanche uno. Da dove veniva il contagio?

Dopo 3 anni resuscitò…

Ebbene. A Birmingham, nel Regno Unito, erano conservati in laboratorio dei campioni di vaiolo per “motivi legati alla ricerca” e per un errore nel protocollo di sicurezza una dipendente, Janet Parker, si ammalò. PANICO. L’unica malattia umana completamente eradicata dal mondo era tornata dall’estinzione! Appena si capì cosa stava succedendo si istituì un protocollo di contenimento ma non prima che la donna contagiasse un collega dato che inizialmente la sua malattia era stata confusa con un brutto caso di morbillo, dato che i medici non pensarono al vaiolo in quanto era stato debellato.

Furono poste in isolamento preventivo centinaia di persone e il centro fu chiuso. Il governo approntò dosi di vaccino, perché se la malattia fosse sfuggita al contenimento si rischiava una strage. Il vaccino era sì molto efficacie ma richiede un richiamo ogni 10 anni e molti dei cittadini più anzianotti non lo avevano più fatto dato che non ce n’era bisogno.

Fortunatamente solo quelle due persone furono contagiate per certo e i loro corpi si ricoprirono rapidamente di pustole fino a coprire anche tutta la faccia e i palmi di mani e piedi. La donna morì l’11 settembre, data già sfortunata allora, del 1978. Anche il padre morì ma probabilmente la causa fu l’infarto dopo aver visto le gravissimi condizioni della figlia. Non fu fatta alcuna autopsia per evitare il rischio di contagio degli operatori.

I corpi non poterono ricevere una normale sepoltura per l’altissimo rischio infettivo e furono sigillati in un contenitore di plastica ermetico per dare ai familiari, al termine della quarantena, la possibilità di celebrare un funerale. Janet Parker fu l’ultima persona morta di questo terribile morbo. Non fu a causa di una fatalità ma per l’irresponsabile decisione di conservare un souvenir del virus, di salvarlo dall’estinzione come fosse un cucciolo di panda.

Mai giocare col vaso di Pandora

A seguito della tragedia solo in parte scongiurata, il responsabile del centro di ricerca, Henry Bedson, si suicidò. Era martoriato dal senso di colpa e di profonda responsabilità che sentiva non solo nei confronti della donna ma di tutte le vittime che rischiò di fare.

Il vaccino moderno esisteva già. Aveva un’efficacia molto elevata e la malattia era ormai scomparsa quindi perché continuare a studiare il virus? Senza voler scadere nel complottismo, al tempo ancora imperversava la guerra fredda e nessuno dei due blocchi intendeva privarsi della possibilità di attaccare l’altro con innovative armi biologiche. È accertato che esistessero programmi simili ma non furono mai, fortunatamente, usati in guerra.

Dopo l’incidente di Birmingham, e quei morti, l’OMS chiese ai vari paesi del mondo di distruggere tutti i campioni di virus residui per liberarci una volta per tutte da uno dei più grandi flagelli dell’umanità. Tutti i paesi accettarono… Tranne due. Ovviamente. Stati Uniti e Unione Sovietica a riprova di quanto si diceva prima.

Souvenir dell’Apocalisse

Ancora oggi esistono due centri – dichiaratamente – in possesso di campioni vitali del virus variola major. Il CDC di Atlanta e il Centro di ricerca VEKTOR a Kol’covo, in Russia. Queste informazioni sono certe ma non è del tutto chiara l’entità del loro “arsenale”.

Un disertore dell’Unione Sovietica testimoniò, anche se non ci sono prove concrete se non la sua parola, di aver partecipato alla produzione di 20 tonnellate di soluzione liquida ad alta carica virale da usare come arma per una eventuale guerra biologica. Al di là della quantità su cui non abbiamo certezze è ufficiale che tali scorte esistano e Usa e Russia ancora oggi rifiutano di distruggerle.

Ha senso mantenerle? Secondo la maggior parte della comunità scientifica, no.

Ha senso conservare la sequenza genica del virus in un computer ma non c’è motivo di averlo fisicamente, in forma potenzialmente infettante.

Vari Paesi NATO, tra cui l’Italia, conservano diversi milioni di dosi del vaccino pronte all’uso in caso si preannunci un possibile attacco biologico da una potenza ostile. Noi possiamo arrivare a 20 milioni di dosi. Ovviamente le scorte devono essere aggiornate negli anni e questo è un costo ma possiamo davvero smantellarle e andare a dormire tranquilli? Inoltre c’è da ricordare che il vaccino è valido contro il virus base ma non contro eventuali versioni bio-ingegnerizzate apposta per aggirare l’immunità data dal vaccino. Non è dimostrato che una cosa del genere esista ma è teoricamente possibile e la posta in gioco è molto alta.

E vissero per sempre… nemici e scontenti

Per concludere, la nostra specie è stata così abile da eliminare una delle più terribili piaghe che abbia mai afflitto l’umanità e dovrebbe solo aver voglia di dimenticarsene. Invece da qualche parte esistono documenti dal contenuto agghiacciante con protocolli studiati nel dettaglio per spargere nuovamente morte e sofferenza ai propri vicini di casa. Certo siamo tutti coscienti della minaccia nucleare ma in quel caso si tratta di una distruzione rapida che spazza via intere città; qui si parla di far agonizzare le persone, riempire ospedali e obitori nel corso dei mesi, inondare le strade non solo di cadaveri ma anche di sofferenza, dolore e disperazione.

È questo che siamo, un gruppo di scimmie rancorose che sa imparare, ma sempre la cosa sbagliata.

NoSignal Magazine

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