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A otto anni da La sposa giovane, Alessandro Baricco torna nelle librerie con un nuovo romanzo, «Un western metafisco»: con queste parole lo scrittore ne ha annunciato l’uscita lo scorso maggio al Salone Internazionale del Libro a Torino. 

Abel Crow, 27 anni, vicesceriffo di una piccola cittadina dell’ovest. È diventato leggenda dopo che è riuscito a fermare una rapina utilizzando il suo famoso ‘colpo mistico’, che gli ha permesso di colpire contemporaneamente due bersagli con due pistole diverse. Abel è innamorato di Hallelujah Wood, una donna cresciuta tra i nativi Dakota. Il loro legame è complicato. Hallelujah parte inaspettatamente, lasciando Abel senza sapere dove sia andata. Comportamento che rispecchia quello della madre di Abel, che una volta partì e non fece più ritorno, abbandonando Abel, sua sorella e i suoi fratelli. 

Questo romanzo è come una delle pistole di Abel, il protagonista, un insieme di pezzi che compongono un ingranaggio complesso, ognuno di essi necessario.  Baricco utilizza l’ambientazione western per raccontare un viaggio all’interno dell’animo umano e la fusione tra due modi di guardare a quest’ultimo: da una parte quella dell’uomo occidentale, dall’altra quella dei nativi americani espressa con la figura di una bruja (una strega). 

Non c’è un futuro, non c’è un passato, Giudice. C’è un unico respiro. Tu sei già morto tempo fa, quando eri bambino sapevi quello che farai domani, queste parole le hai sentite quando eri da poco un uomo, e fra anni ti accadrà di vedere cose che anni fa hai solo ascoltato.

Il libro va avanti e indietro nel tempo guidando il lettore in un viaggio nell’ovest, ma non in senso geografico: nelle pagine l’ovest è descritto più come idea, un concetto, di un luogo selvaggio e remoto che non si raggiunge mai davvero: sta sempre un po’ più in là, oltre l’orizzonte. 

Nel 2022 uscì un piccolo libro di Baricco per Feltrinelli, La via della Narrazione, che era di fatto la trascrizione di una sua lezione tenuta al corpo docenti della Scuola Holden. In quella lezione veniva criticato il concetto di Viaggio dell’eroe e definito come obsoleto. Con Abel ci dà prova concreta delle sue parole. Abel, infatti, non ha un’evoluzione lineare all’interno della storia, da cattivo non diventa buono e viceversa. Ha i suoi lati oscuri, le sue contraddizioni, le sue incertezze, e questo aspetto lo rende estremamente credibile. 

Ogni tanto ci infilava una mano tra le gambe, e non aveva paura a toccarci, e rianimare il sangue. Venivamo nelle sue mani, disperdendo il seme sulla paglia tiepida. Allora ci baciava sulla bocca e tornava a giacere con nostro padre.
abel copertina
“Abel” di Alessandro Baricco, Feltrinelli Editore, 2023

Non è il pistolero interpretato da Clint Eastwood, glaciale e convinto della sua forza mascolina, è un uomo che ha le sue ferite e debolezze. Ed è per questo motivo che Abel risulta estremamente attuale nel suo richiamare un immaginario passato, toglie la polvere distesa sulle vecchie cassette di Per un pugno di dollari o Il Buono in brutto e il cattivo, e ripesca quell’immaginario dandoli ancora più spessore. Ci sono dialoghi secchi e cinici, descrizioni di orizzonti infiniti e poi c’è l’aspetto metafisico che Baricco inserisce nella narrazione senza creare stacchi o salti. È l’ingegno di chi ha progettato la pistola che viene fuori e permette a tutto il resto di funzionare alla perfezione. 

Il Maestro fa un sospiro che non riesco a decifrare.
Sta a lungo immobile, aspettando in silenzio che io riesca ancora a dire qualcosa. Ma non ci riesco.
Pronuncia il mio nome, in un modo stanco.
Abel.

Il Maestro, l’uomo che insegna ad Abel a sparare è il personaggio che giustifica l’ingresso della filosofia in questa storia. Lui, rimasto cieco, passa il suo tempo in cerca di qualcuno che gli legga dei libri. Così Abel legge per lui e in cambio gli insegna a sparare. 

Ogni capitolo è un racconto e il titolo è il suo incipit. La narrazione crea spazi e buchi che poi si colmano con altre storie. Lo spazio e il tempo di questo romanzo sono impossibili da decifrare, seguono la velocità dei pensieri, perché questa è una storia anche di pensieri. Quelli dietro agli occhi di due pistoleri che si sfidano e si chiedono chi estrarrà per primo la pistola, ma anche i pensieri di un vecchio reverendo che deve seppellire un giudice, un amico. 

Baricco ha affermato che la scrittura è: mano, occhio e anima. E questi sono i tre ingredienti che riempiono le pagine di questo romanzo. La mano: «Avevo mani d’avorio ai tempi, tutti i pistoleri ce l’hanno. Ora le guardo, sono piene di sole e rigate dal lavoro. Mi piacciono sono mie». Poi c’è l’occhio, quello veloce che fissa il punto in cui sparare, e quello lento, che riconosce un volto che non vedeva da tempo: «Alzai la canna del fucile. Mirai con grande cura. Lei mi guardava, tranquilla, illeggibile. Non la vedevo da anni. Forse non c’è nulla come il volto di tua madre quando non è più il volto di tua madre da un sacco di tempo».

Infine c’è l’anima. Quel tormento incomprensibile che guida tutti i personaggi attorno a un cerchio di storie che si confondono l’una nell’altra, a volte sotto le stelle, a volte con il sole sulla fronte madida di sudore e altre su un letto, assieme a una donna che è appena diventata vedova: «Le dissi di lasciarmi in pace, di andare a cercare il suo uomo nei lineamenti dei suoi figli, nel colore della loro voce. Aveva vent’anni».

Questo romanzo è come una delle pistole di Abel e, citando il libro, l’anima sente quando l’uomo a cui tiri si allinea senza imprecisioni alla canna della tua arma. E così, con la sua penna, Baricco ci allinea, prende la mira. Spara.