Introduzione : Canti delle Terre Divise – il Dante moderno
Immagina di addentrarti in un ombroso bosco, le foglie vibrano al tuo passaggio e l’intento incespicare ti accompagna alle porte di un antico passaggio. Sul muro vi sono incise, con magistrale precisione, le iscrizioni ‘lasciate ogne speranza, voi ch’intrate‘.
Il battito rallenta, si slancia, accelera ed in men che non si dica una luce folgora spazio, tempo e mente ‘ma è la Divina Commedia!’.
E invece no.
O per meglio dire, non proprio. La storia è simile, a tratti rivisitata, a tratti totalmente trasformata.
Una metamorfosi in chiave distopica: Canti delle Terre Divise.
Due note per iniziare
Non a tutti serve una Divina Commedia per poterla vivere a pieno e questo è il caso di Francesco Gungui. Scrittore, celebre per il ciclo ‘Mi piaci così’, edito Mondadori. Con mano propria riprende la celebre opera dantesca per darne nuova vita in una trilogia che ha del fantastico.
La trilogia
A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e’l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle
Paradiso, Canto XXXIII
I Canti delle Terre Divise rivedono i celebri Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Nonostante questo dove sono le classiche allegorie, le sinestesie, i famosi endecasillabi?
Semplicemente non compaiono.
Al loro posto vi sono immagini che raccolgono ideali, falsi miti e velate incognite.
Iniziamo con ordine.
Paradiso, quartiere sfarzoso e d’alta classe è il polo nobile del nuovo mondo: Europa, la città nazione del futuro. Tutti coloro che ne impediscono il progresso o ne infrangono la legge sono destinati ad una punizione eterna: l’Inferno.
Gungui gioca con l’immaginario dantesco stesso ed ora la legge del contrappasso si trasforma in una pena vera e propria, una simpatica analogia dalle grottesche venature che non lascia spazio alla pietà. Mentre i più importanti criminali si trovano a dover fronteggiare belve feroci, fiumi di lava e tempestose piogge di neve e gelo i protagonisti stessi del racconto ne sfidano le sorti.
La narrazione continua rapidamente in chiave avventurosa, questa, però, non si esaurisce. Affonda nell’animo e nella psiche dei personaggi. Ogni elemento pare funzionare con un proprio equilibrio, una sinergia sorda agli eventi così labile che pare possa spezzarsi fin dalle prime pagine.
Eppure la mente del lettore è rapita, segue il racconto del narratore e si perde in un immaginario fantastico, gioiosamente crudele ed inspiegabilmente umano.
Una riparazione umana.
Il libro di Gungui è una sperimentazione vincente, comica, cinica e abilmente ben riuscita.
Ogni tanto bisogna lasciar andare tutto come deve andare, lasciar succedere le cose, seguire l’onda del proprio destino e stare a vedere dove ti porta