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Dopo più di due decenni dalla pubblicazione del suo primo romanzo, Christopher Paolini torna sugli scaffali delle librerie con la sua nuova opera, Murtagh. Il ragazzo che a soli 15 anni aveva fatto sognare milioni di appassionati del genere fantasy con la saga di Eragon è cresciuto. Non è solo l’aspetto fisico a essere cambiato, come mostra la foto in quarta di copertina, con quel viso spigoloso incorniciato da una folta barba che ha preso il posto del volto innocente da bambino che compariva un tempo.  Lo stile si è fatto più maturo, più votato all’introspezione dei protagonisti della storia. Il personaggio principale è, in un certo senso, più complicato, non rispecchia le tradizionali caratteristiche dell’eroe del mondo fantasy. Non è il classico ragazzino inconsapevolmente destinato a salvare il mondo, che lascia da umile il suo piccolo e sperduto villaggio natale per intraprendere l’avventura che cambierà la sua vita, facendolo crescere e trasformandolo in un eroe. 

Murtagh è, per certi versi, l’opposto, il reietto odiato da tutte le razze del mondo di Alagaesia perché era stato dalla parte del perfido tiranno durante la guerra da poco conclusasi. Una persona solitaria costretta a continuamente a nascondersi, ad agire nell’ombra e a scappare di villaggio in villaggio prima di essere riconosciuto. Un ragazzo ancora inesperto della vita, per quanto costretto a crescere in fretta come orfano e obbligato a combattere dalla parte del male; costretto a cavarsela sempre da solo e a non potersi fidare di nessuno, tranne che del suo compagno drago, Castigo. Con lui ha vissuto già molte avventure e patito molte sofferenze, ma il legame che li unisce è più forte di tutto. Non si tratta solo di magia, ma di una connessione ancora più profonda e speciale. Un rapporto che soltanto due individui con sulle spalle le stesse esperienze vissute dal drago rosso e dal suo cavaliere possono comprendere. Eppure il ragazzo si dimostra coraggioso e determinato piú che mai a guadagnarsi la stima degli abitanti di Alagaesia e a ribaltare la sua condizione di rinnegato. 

Abituato ad agire da reietto, Murtagh decide di isolarsi dal resto della comunità, anche dagli altri Cavalieri di drago, Eragon e Arya, che conoscono la verità dei fatti, che sanno quale sia stato il suo prezioso contributo nel porre fine alla dominazione del malvagio re e che, proprio per questo, avrebbero potuto accoglierlo. Ma il ragazzo non ci sta; pur anelando in diversi momenti la compagnia delle altre persone e la vita da commilitone che aveva trascorso fino a un anno prima, i demoni del suo passato sono troppo forti. Le atrocità commesse quando doveva sottostare agli ordini del tiranno lo tormentano incessantemente e per liberarsi da questo assillo sa che deve intraprendere un cammino di purificazione da solo. Solo lui in compagnia del fido drago. 

E così parte per un viaggio che lo porterà nelle sperdute terre settentrionali del continente di Alagaesia, al di là dei confini sinora visti durante la saga di Eragon, e alla scoperta di nuovi popoli e nuove minacce per tutte le razze finalmente libere dalla tirannia. Murtagh sarà costretto ad affrontare avversari altrettanto temibili di quelli combattuti in passato, e pericoli a cui non era preparato, perchè se è vero che sono maturati i protagonisti al pari del narratore, è allo stesso tempo vero che anche il male ha assunto nuove sembianze, è divenuto più subdolo e misterioso. Non indossa i vistosi paramenti di un re, ma striscia nell’ombra sibilando a coloro che sono rimasti fedeli al vecchio regime caduto e instillando in loro pensieri cospiratori. Ciò che scoprirà il giovane cavaliere sarà un male rimasto sopito per millenni e finalmente pronto a ridestarsi. Paolini torna nel suo mondo, come promesso ai lettori, ma apre, allo stesso tempo, una finestra su nuovi orizzonti inesplorati e nuove avventure da vivere.  

Il nuovo protagonista 

Nella saga di Eragon, Murtagh era l’eldest, il fratellastro del protagonista, colui che derivava dal lato oscuro della famiglia, quello nelle cui vene scorreva il sangue del perfido padre, il sanguinario cavaliere Morzan, uno dei più stretti collaboratori del tiranno Galbatorix. E dal padre Murtagh non aveva ereditato solo i geni, ma, suo malgrado, anche la scomoda nomea, ritenuto da tutti destinato sin dalla nascita a portare avanti la strada intrapresa dal genitore e a rappresentare la nemesi di Eragon, con il quale condivideva la madre. 

Una sorta di stereotipo dello scontro fra fratellastri e sorellastre tipico di alcune fiabe. Ma già nella precedente saga il personaggio di Murtagh non si limitava a questo semplice ruolo di antagonista e la sua caratterizzazione era molto più profonda. Il giovane odiava il padre che lo aveva sfregiato da piccolo, lasciandogli una cicatrice che correva su tutta la schiena, un concreto segno indelebile del legame che li accomunava, specchio del retaggio che il figlio aveva dovuto ereditare a causa del comportamento del padre. Ma lo sfregio non rappresenta solo la crudeltà del padre; per il ragazzo è anche un vivido ricordo dell’amore della madre, che aveva sempre cercato di proteggerlo dalla pazzia del padre.

Per il risentimento nei confronti di Morzan e perchè costretto a vivere alla corte del tiranno contro la sua volontà, il giovane aveva cercato di scappare, di lasciarsi alle spalle tutto il male, già da tempo. Tuttavia, era stato catturato dagli uomini del re, Galbatiorix, era stato imprigionato nel suo castello, e torturato fino a che la volontà del giovane non aveva potuto fare altro che piegarsi a quella del suo aguzzino. Murtagh ripete spesso, nel nuovo romanzo, che erano comunque lui e il suo drago a compiere gli orribili atti, ma è anche vero che non agivano liberamente, che, se si fossero ribellati, avrebbero dovuto sopportare atroci punizioni. 

Attraverso Murtagh, Paolini ha creato un personaggio molto complesso e profondo, che ingloba in sè il male e il bene e rispecchia l’animo di tutte le persone, con i loro pregi e i loro difetti. Insieme a Eragon, il vero eroe e protagonista della prima saga, Murtagh si completa perfettamente. Eppure, l’autore si sentiva in un certo senso in debito con questo ragazzo al quale aveva dato la parte dell’odiato, del personaggio che si mette in cattiva luce, che i lettori a primo acchito detestano. Con questa nuova storia Paolini cerca, quindi, di redimere la figura del cavaliere e del drago cremisi, facendoli apprezzare dai lettori e facendo risaltare il loro lato più intimo e umano, le loro paure, le loro sofferenze, così che il giudizio su di loro non sia superficiale. 

Christopher Paolini e il ritorno della saga di Eragon

Il successo della saga di Eragon

La capacità di rendere ogni personaggio delle sue storie umano, di risaltarne i sentimenti più profondi e mettere in luce tutti i lati del suo carattere, è una delle chiavi del successo di Paolini. L’autore ha pubblicato il primo romanzo nel 2000 e ha sin da subito attratto l’attenzione dei lettori cavalcando l’onda del successo che il genere fantasy stava vivendo in quegli anni. In particolare, si parla di una sottocategoria del fantasy, quella ambientata in un contesto medievale, con cavalieri, scontri con armi bianche, magia e creature fantastiche, dove il mondo artificiale che ci circonda oggi è assente e la natura domina sull’uomo e sulle altre razze. Un’ambientazione che deve il suo successo anche e proprio perchè distante dal mondo reale, o da quello futuristico dei romanzi di fantascienza (viaggi spaziali per intenderci), e che permette al lettore di distogliersi per un po’ dalla realtà che lo circonda e immergersi in un contesto completamente diverso. 

Un mondo codificato negli anni, dove le creature incontrate sono spesso le medesime, uomini, elfi, nani, orchi, e dove anche la vicenda narrata, inevitabilmente, rischia di essere la medesima: l’oscuro signore che tiranneggia sulla terra o che trama per tornare al potere e i popoli che si alleano per ritrovare o difendere la loro libertà, guidati da un giovane eroe, spesso di umili origini, che cresce nel corso della storia. Una sorta di romanzo di formazione, solo ambientato in un mondo fantastico e non reale, dove a far crescere l’eroe contribuisce anche un tocco di magia. 

Un genere che continua, malgrado il rischio di ripetitività, a essere apprezzato nel corso del tempo dai lettori, ma che spesso viene anche abusato e nel quale distinguersi come autore non è sicuramente semplice. Per cui, se è vero che il successo della saga di Eragon è giunto in un periodo molto florido per il fantasy, con l’uscita nelle sale dei film di Peter Jackson ispirati a Il Signore degli Anelli di Tolkien che ha fatto ritornare in voga quest’opera e la fatta scoprire anche alle nuove generazioni. Se è vero che nello stesso periodo il pubblico, grazie alla Rowling e al suo Harry Potter, si stava innamorando di un’altra storia riguardante un ragazzino costretto a subire i soprusi dei suoi zii affidatari e la durezza della vita reale, per poi scoprire di essere destinato ad andare a scuola di magia e a sconfiggere il mago più temuto di tutti i tempi e trasformarsi, così, da nullità a eroe. Sicuramente va sottolineata la bravura di scrittori quali Paolini, ma anche Licia Troisi, per citare altri, che hanno saputo ritagliarsi uno spazio e mettersi in mostra in questa scena sovraffollata. 

La capacità di questi autori è stata quella di trovare degli elementi che rendessero diverse le loro narrazioni e, parlando di Paolini, sicuramente l’abilità nel far risaltare i sentimenti dei personaggi e renderli tutti umani, indipendentemente dalla razza di appartenenza, avvicinandoli, così, alla sfera di percezione del lettore, è stato, come detto, uno degli ingredienti del suo successo. Ancor più sorprendente se si pensa alla giovane età dello scrittore, che ha dimostrato, tuttavia, una maturità assente in tanti altri anagraficamente più maturi di lui. Per quanto ci siano di mezzo i draghi e la magia, Paolini ha trasmesso ai lettori in maniera originale, il messaggio che ha dominare, alla fine, sono sempre i sentimenti, le parole. E la battaglia finale descritta nell’ultimo capitolo, Inheritance, e, in particolare, il modo in cui si conclude, rappresentano l’essenza dell’originalità del messaggio di Paolini. 

Murtagh: l’eredità di Eragon 

 Con l’ultimo capitolo del Ciclo dell’Eredità, la saga di Eragon, Paolini si era accomiatato dal suo pubblico promettendo che non sarebbe stato un addio, ma solo un arrivederci. C’erano fatti ancora da spiegare, personaggi che erano rimasti fino alla fine avvolti da una cortina di mistero, razze che avevano fatto la loro comparsa senza lasciare troppo il segno, ma suscitando sicuramente la curiosità dei lettori. Infine, c’era un nuovo mondo creato dall’autore, Alagaesia, nel quale non solo il pubblico, ma lo stesso Paolini si era immerso per così tanti anni che, come accade spesso ad autori come lui, risultava impossibile da abbandonare. 

Il giovane scrittore aveva ammesso già allora che non sarebbe riuscito a staccarsi dalla sua creazione e che, se fosse tornato a scrivere, sarebbe ripartito da quell’universo; il titolo stesso dell’ultimo romanzo, Inheritance, ossia l’eredità, è pervaso dell’essenza di qualcosa che rimarrà nel tempo e che dovrà essere tramandato, ma che potrà, anche, prendere nuove pieghe, evolvere. 

Paolini aveva dato un assaggio ai fan delle nuove avventure che avrebbero vissuto nel mondo di Alagaesia con una breve raccolta di racconti, La forchetta, la strega e il drago, nel quale si ritrova anche l’incipit al nuovo romanzo, seppur raccontato da un altro punto di vista. Con Murtagh ha dato il via a quello che potrebbe essere un nuovo ciclo di romanzi, o perlomeno è quanto gli appassionati si augurano; sicuramente la nuova pubblicazione ha incrementato le aspettative dei lettori e contribuito ad accrescere anche la suspence, oltre che a permettere all’autore di tastare il terreno per vedere quanto sia ancora fertile. 

Come detto all’inizio, in Murtagh non mancano novità nello stile, nella caratterizzazione dei personaggi, nell’ambientazione e nel modo in cui gli eventi si sviluppano. Ma il legame con il passato è allo stesso tempo solido. Si è già parlato dell’importanza che Paolini dà ai sentimenti, sulla sua abilità nell’analizzare tutti i personaggi, buoni o cattivi, protagonisti o secondari, nel profondo. Non è venuta meno neppure la sua cura nel presentare le scene nelle quali sono ambientati gli eventi, la natura che avvolge i personaggi e viene descritta nei minimi dettagli. Inoltre, gli stessi eventi si collegano con gli avvenimenti raccontati nel corso del Ciclo dell’Eredità e non solo: la storia di Alagaesia viene esplorata nel suo passato più recondito ed emergono così nuovi elementi a caratterizzare i protagonisti della precedente saga, nuovi segreti che permettono di far luce sui fatti precedenti a quelli narrati in Eragon. Un buon biglietto da visita per invitare i lettori a salire a bordo e a imbarcarsi in un nuovo viaggio, rivolto sia ai vecchi appassionati, sia a potenziali nuovi fan che per la prima volta mettono piede nell’universo fantasy di Paolini. ♦