Grazie a Fruttero e Lucentini Torino è diventata una grande città Noir e da allora non ha più smesso di esserlo. Nella cornice di Portici di Carta si è cercato di indagare a fondo cosa renda Torino una città così misteriosa e avvezza al genere Noir.
Così Roberto Marro il moderatore della conferenza decide di iniziare un bel dibattito:
Se mi permettete, vi leggerei un estratto di un introduzione di una nuova edizione di un romanzo di Fruttero e Lucentini pubblicato nel 1972.
“Non c’è scampo, il solo genere di poliziesco concepibile per le più illustri città italiane, è quello di azione e di malavita, comprendenti in quest’ultima categoria anche la mafia siciliana. […]
Fruttero e Lucentini
Meravigliosamente diversa è la situazione di Torino. Qui, sulla nuda scacchiera ogni gioco oggi è diventato possibile. Mentre quei sobri connotati si lasciano via via cancellare dall’esplosione e dalle immigrazioni, mentre la sua uniformità si frantuma ad ogni livello ben poche voci si levano in sua difesa. Salvare Torino non è un problema internazionale. […] Ma attraverso questo sgretolamento e rimescolamento si sono evidentemente realizzate e ce ne accorgiamo solo attraverso lo scritto, le condizioni indispensabili per la narrativa poliziesca. Alla base della quale ci sembra di poter dire debba essere un agglomerato urbano vasto, squallido,minaccioso e globalmente anonimo. E tuttavia, lo scrittore sarà in grado di scomporlo in pezzi, quartieri, ambienti, strati sociali ben individuati e caratterizzati. Non altro è, ridotta alle sue strutture essenziali, la Parigi di Simeon. Maigret, se ci si sta attenti, indaga di volta in volta in un vicolo, in un bar, un cortile, una pensione. Luoghi chiusi e piccolissimi. Spesso dichiaratamente provinciali, cui però soltanto l’esistenza appena avvertita della circostante metropoli presta rilievo e il mistero di cui ha bisogno un poliziesco. […] Così, senza volerlo e senza addirittura saperlo, abbiamo fatto noi con Torino. La città di Persezio e Gozzano era scomparsa irrimediabilmente. Senza lasciare carcasse troppo ingombranti e rovine troppo vistose. Ci siamo trovati davanti una scacchiera inaspettata, sterminata e vergine. é una fortuna che capita a pochi scrittori. E il grande divertimento che la Donna della Domenica sembra procurare a chi lo legge deve essere in conclusione nient’altro che l’eco del nostro personale entusiasmo della nostra incontenibile gioia di cercatori che mostrano in giro le pepite d’oro. Come si sa la storia della letteratura è una continua reinvenzione dell’ombrello. […] Torino, uccisa dai mali che stanno uccidendo dutte le città, era vissuta troppo fortemente in disparte perchè la sua morte fosse prodonda e definitiva. Oggi a noi appare di una vitalità elettrizzante, di una ricchezza letteraria nuova di zecca che basta allungare una mano per raccoglierla. E non saremo certo noi a cacciarla dal ristretto club delle città poliziesche in cui è entrata così felicemente a far parte.”
Fruttero e Lucentini dicono in maniera quasi inconsapevole, ma con troppa modestia, classica piemontese. In realtà avevano ben presente che questa città aveva una vocazione Noir molto forte. Da allora la città è molto cambiata, il testo è del ‘72-’73 ma la città se possibile è diventata ancora più uno scenario perfetto Noir, anzi è proprio un personaggio del Noir. Un personaggio essenziale.
Come è cambiata Torino? Perchè è diventata ancora di più una città Noir. Che cosa voi ci trovate? Torino come Los Angeles? Torino come Parigi? Quali sono le sue peculiarità?
Domanda Roberto Marro agli ospiti
A rispondere è Giorgio Ballario “Dunque secondo me Torino è una città noir come altre, per esempio, ho letto bellissimi noir ambientati a Genova. Dei Noir Milanesi, anche dei Noir di Provincia, senza dover oltrepassare le frontiere. Non per contraddire la tesi di Roberto, ma il mood, il sentimento noir è presente in tutte le città. Dipende più, a questo punto dallo scrittore, saper interpretare e saper leggere in controluce gli aspetti Noir della propria città. Indubbiamente Torino ne ha tantissimi. É una città che Fruttero e Lucentini 50 anni fa descrivevano come vergine in termini noir, ma che non lo era in termini di cronaca. Perchè “La donna della Domenica” esce nel ‘72 e dal punto di vista criminale era una città in ebollizione, dove l’immigrazione dal mezzogiorno si era andata ad inserire e stratificare in una criminalità locale, dando vita a nuovi fenomeni. Dove appunto inziava ad arrivare in modo strisciante la criminalità organizzata di tipo mafioso dalla sicilia e dalla calabria. Criminalità che oggi non vediamo più ma c’è. Noi come autori Noir contemporaneo dobbiamo riflettervi. Negli anni ‘70 gli strascichi della presenza criminale era visibile nelle strade. Si leggeva ogni giorno sulle cronache cittadine. Oggi non si vede e non se ne parla, ma la presenza criminale è sempre più forte e radicata e si è arricchita di ulteriori nuove mafie provenienti dall’estero. […] Da questo punto di vista è meno evidente ma sarebbe interessante per lo scrittore noir contemporaneo andare a vedere come è cambiata Torino in questi 50 anni. Uscendo per le strade, che è trasformata per le strade, ma dal punto di vista delle criminalità sono anche cambiate, ora hanno presto gli aspetti economici. In questo senso la Torino di Fruttero e Lucentini è molto cambiata.”
Massimo Tallone incalza e risponde a Giorgio
“Io credo che Fruttero e Lucentini oltre a essere molto intelligenti erano anche molto Piemontesi, quindi quella dichiarazione secondo cui sono gli umili servitori di Torino che Torino si presta perchè città vergine e Noir. Li non si tratta della città. Se fossero vissuti a Ravenna, Bra, l’avrebbero trasformata con il cervello è l’occhio. Torino poi ha delle caratteristiche, come tutte le città, ogniuna ha le proprie specifiche, altamente interessanti e tutte di alto livello antropologico, umano, sociologico, psicologico. Ma è il rabdomante del cervello di chi scrive e la grande sapienza stilistica, che trasforma in realtà tridimensionale. […] Torino ha delle caratteristiche. A Torino per sapere le cose che succedono devi guardare i Necrologi. Se a Palermo qualcuno amico del sindaco e poi ci vai a braccetto, a Torino fa finta di non conoscerlo. Se tu devi sapere qualcosa che succede, guardi il necrolgio di qualche famiglia. Dopo dieci righe qualcuno “ti abbraccia” ma chi è questo qualcuno. Questa omertà borghese piemontese è bellissima dal punto di vista strategico. Perchè consente al giallista di tratteggiare degli scenari sociali così violenti e acuti da essere esilaranti e mortiferi. E poi da una rallentata espansione sociologica. Mentre a Milano è facile l’integrazione, a Torino No. Possono passare 100 anni ma certi salotti sono quelli li ma quelli la non ci entrano. Li saluti, gli dai una mano, ma non c’è permeabilità vera.”