Qualche anno fa Alessandro Baricco parlò della saga di Bramard e Arcadipane di Davide Longo come la risposta del nord al commissario Montalbano. All’epoca Einaudi Stile Libero aveva pubblicato tre testi – che nelle librerie spiccavano per la loro copertina cupa virata sul verde. Erano: Il caso Bramard, Le bestie giovani e Una rabbia sempliceNel frattempo, sono usciti altri due libri, La vita paga il sabato nel 2022, e Requiem di provincia, da poco nelle librerie. I protagonisti di questa serie di gialli sono due poliziotti piemontesi, o meglio, sempre citando Baricco, «piemontardi». 

Questo perché i libri sono sì ambientati in Piemonte e in particolare a Torino e dintorni, ma il loro elemento distintivo, ovvero la provincia che viene raccontata come un luogo quasi spettrale fatto di fantasmi, di strade statali che finiscono nel nulla e di ossa che riemergono dalla terra, è una provincia comune a tutto il nord Italia. Se apriamo, infatti, l’ultimo libro della saga, troviamo una dedica proprio a lei: «Alla provincia di tutti noi. A quel tempo. Non torni». 

I luoghi che Longo descrive nei suoi romanzi possono risultarci molto familiari, paesini che se anche non ci sei nato una volta anche per sbaglio ci sei passato. Ed è proprio su questa familiarità che si regge tutta l’inquietudine e la paura che scaturiscono nel lettore. Questa provincia a cui non si vuole tornare, dove chi la abita è assuefatto in una condizione quasi vegetale. C’è poi Torino, con i suoi viali, la Dora, un fiume ferroso, e la collina che, come un’ombra, domina su tutta la città. Torino è un insieme di blocchi quadrati, proprio come i personaggi di questa storia, che a primo impatto possono sembrare fatti di cemento. Ma come i blocchi quadrati di Torino, che se visti dall’alto non sono perfetti, hanno il cosiddetto plin (orecchia in piemontese), anche Bramard e Arcadipane, i protagonisti hanno dei particolari che li rendono a volte comici e altre volte spaventosi: ed è per questo che alla fine ci innamoriamo di loro.

Corso Bramard è un uomo silenzioso, schiena dritta, frasi corte, uno zaino che gli pesa sulle spalle assieme al suo dolore. È un vecchio poliziotto, piemontese nei modi, navigato a gestire brutte storie e a risolvere casi che non sembrano mai avere senso. Arcadipane, il suo allievo, è un uomo goffo che tende al grottesco, ha una vita incasinata dai problemi di un uomo di mezza età: la prostata un po’ gonfia, il vizio del fumo, un rapporto logoro con la moglie e due figli adolescenti che vogliono un cane. 

Il legame tra loro due è uno degli elementi che tengono le fila di questa serie. Sono due uomini diversi e lontani che non riescono mai a capirsi fino in fondo. Arcadipane ammira Bramard, si fida del suo istinto e della sua esperienza ma allo stesso tempo lo giudica e cerca sempre in qualche modo di contenerlo. Bramard, il mentore, va dritto per la sua strada senza ascoltare nessuno. Eppure, entrambi hanno bisogno dell’altro. Conoscono i difetti dell’uno e dell’altro e con il tempo hanno imparato ad accettarli e perfino a coprirsi le spalle a vicenda. Longo scrive i dialoghi tra i due mettendo parole e frasi secche, pesano sulle pagine come sassi di fiume a volte così sottili da sembrare foglie che galleggiano e altre volte tozzi e pesanti che in un istante toccano il fondo. 

Ci sono altri personaggi di cui Longo ci fa innamorare come Isa Mancini, una giovane poliziotta dai modi bruschi, una donna che si muove con forza in un ambiente prettamente maschile e poi c’è Pedrelli che per uscire di casa ci mette sempre una vita a sistemarsi i capelli. 

Il primo libro Il caso Bramard mente al centro la figura di Corso Bramard, dopo che la moglie e la figlia sono state uccise da un serial killer, Corso vive isolato, scalando montagne di notte. Per vent’anni, ha ricevuto lettere dall’assassino, Autunnale. Quando quest’ultimo commette un piccolissimo errore il commissario riapre il caso e comincia a indagare. Nel secondo invece, è Arcadipane a venire più alla luce, e con lui anche una comicità che nel corso della saga è diventata un elemento distintivo di Longo, un’ironia pungente e a tratti western. Il terzo libro è quello che fa da spartiacque, ormai siamo immersi nel meccanismo seriale. Conosciamo i personaggi ed entriamo così nelle dinamiche interne di Arcadipane che diventano quasi una narrazione parallela a quella del caso che deve risolvere. Qui per la prima volta Arcadipane eredita il fiuto di Bramard, che lo spinge a scavare a fondo anche dove apparentemente tutto sembra semplice.  Nel quarto libro La vita paga il sabato, Longo con questo titolo fa un riferimento diretto a Fenoglio; tuttavia, la vena fenogliana permea ogni pagina di questi romanzi e anche dei primi libri che Longo ha scritto come Il mangiatore di pietre. 

Quando si inizia un libro di Davide Longo, per quanto un abile lettore di gialli e thriller si possa essere, tutto sembra impossibile da comprendere, eppure, ogni ingranaggio del caso è messo in bella vista. Alla fine è come ricevere uno schiaffo, il caso si risolve, ma mancano ancora una manciata di pagine ed in quelle che Longo riesce a ribaltare tutto ancora e a sorprenderci. Nel quinto e ultimo romanzo della saga facciamo un salto indietro, torniamo nel 1987, all’origine del dolore di Bramard, quando ancora era commissario di polizia e Arcadipane il suo secondo. Ne abbiamo parlato con l’autore, l’intervista a Davide Longo sarà presto su tutti i canali di NoSignal Magazine. ♦︎


©️ Le illustrazioni presenti nelle copertine della saga di Bramard e Arcadipane sono di Riccardo Falcinelli

Umberto Ferrero
Mi piacciono i libri sottili con la copertina tutta rossa. Ho fatto il cameriere, il paparazzo e il copywriter, ma la notte non dormo, sogno vecchie donne logorroiche, così al mattino scrivo le storie che mi raccontano. Lavoro alla scuola Holden e quando mi capita faccio un viaggio.

    You may also like

    Leave a reply

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    More in Libri