Esiste il fallimento nello sport? Il mese di giugno corrisponde al termine delle stagioni sportive. Questo è il momento in cui si tirano le somme e si valutano i risultati ottenuti in rapporto a quelli che erano gli obiettivi a inizio stagione. Bisogna considerare però in queste valutazioni quella che è la variante fondamentale dello sport: l’avversario. Lo sport è competitività e spesso il successo di uno corrisponde al fallimento dell’altro. Ecco, chiunque abbia mai praticato attività sportive a livello agonistico sa che la frase precedente è un’inesattezza. La versione corretta dovrebbe essere: la vittoria di uno corrisponde alla sconfitta di un altro. Vittoria e sconfitta sono due facce della stessa medaglia; successo e fallimento no.

Innanzitutto la sconfitta non dovrebbe essere considerata come l’arrivo, come il termine negativo di un percorso, ma bensì come un punto di partenza verso la costruzione di un successo. Come disse Marcelo Bielsa durante una conferenza ai tempi dell’Athletic Bilbao però, l’ingiustizia è molto frequente nel mondo nello sport e in particolare nel calcio. Di conseguenza se non si dà il giusto valore a un percorso che ha ottenuto meno di quanto meritava non è un grande problema né una cosa insolita. Al contrario se si premia un percorso che ha ottenuto più di quanto meritava si commette un grave errore di valutazione che porterà inevitabilmente a un futuro fallimento.

Il fallimento di un progetto quindi esiste e deriva inevitabilmente da errori di valutazione precedenti. Allo stesso tempo però la sconfitta al termine di un percorso positivo e di una giusta programmazione non può essere considerata un fallimento proprio per la presenza dell’avversario. Poche settimane fa Pep Guardiola ha trattato l’argomento in una conferenza stampa, dicendo: «Nello sport il fallimento non esiste. Ammettere di aver fallito è come dire che il tuo avversario non vale niente. Non può essere che abbia giocato meglio? Bisogna solo provarci, lo sport è così: riprovare e rialzarsi».

Questo principio preso così com’è è sacrosanto. In ogni ambito, dallo sport alla vita. Non sempre si riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati. Bisogna solo provarci, rialzarsi e riprovarci. Tornando al concetto di fallimento per capire se esista effettivamente cito stavolta Giannīs Antetokounmpo, cestista militante nei Milwaukee Bucks che, alla domanda se considerasse questa stagione come un fallimento ha risposto al giornalista: «Tu ottieni ogni anno una promozione? No, quindi ogni anno il tuo lavoro è un fallimento? No. Ogni anno lavori per ottenere qualcosa; che sia una promozione o prenderti cura della tua famiglia o prenderti cura dei tuoi genitori. Lavori per un obiettivo. Non è un fallimento, è un passo necessario per arrivare al successo. Ci si arriva per piccoli passi. Questa è una domanda sbagliata: non esiste fallimento nello sport».

Seppur questa dichiarazione di Giannis sia stata criticata (con argomentazione principale il fatto che lui debba considerare una sconfitta come un fallimento avendo come obiettivo la vittoria); il suo punto di vista non fa una piega. Nello sport come nella vita non è sempre facile ottenere ciò che si vuole, anzi, è spesso molto difficile. Certe volte bisogna semplicemente migliorare e seminare nell’attesa che arrivi il momento di raccogliere quanto seminato e arrivare alla vittoria, al successo. Bisogna solo provarci, rialzarsi e riprovarci.

NoSignal Magazine

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