«Alzala alta al cielo capitano; perché questa è la coppa di tutti gli italiani; perché oggi grazie a voi abbiamo vinto tutti; alzala alta perché oggi è più bello essere italiani. Alzala alta capitano». In certi momenti è difficile trovare le parole giuste per descrivere ciò che si prova, eppure Fabio Caressa al momento della premiazione ne trovò di perfette. Il 9 luglio 2006 l’Italia si laureava, per la quarta volta nella propria storia, Campione del Mondo. Quella notte il cielo di Berlino si tingeva di azzurro; nelle strade risuonava ‘Un’estate italiana’ di Edoardo Bennato e Gianna Nannini e una nazione intera festeggiava, unita. Non esistevano Nord e sud. Era semplicemente più bello essere italiani.

La vittoria all’italiana

Seppur negli ultimi anni , grazie a Roberto Mancini, la nazionale stia iniziando a proporre un tipo di calcio moderno, propositivo e divertente; noi italiani storicamente non siamo conosciuti per il bel gioco. Se mentre la filosofia europea è sempre stata quella di segnare un goal in più dell’avversario; noi abbiamo sempre preferito prenderne uno in meno concentrandoci maggiormente sul come difenderci che sul come attaccare. Nel 2006, infatti, la nazionale fu emblema di questa filosofia calcistica subendo solamente 2 goal in tutta la competizione (un autogol e un calcio di rigore). Cannavaro vinse il pallone d’oro contendendoselo proprio con Gianluigi Buffon, anche lui autore di un Mondiale assurdo.

Difesa inespugnabile quindi, vero, la quale rappresentava solo la ciliegina sulla torta di quella che con ogni probabilità è stata la generazione italiana migliore della storia. Centrocampo completo: la qualità di Pirlo a fondersi con la corsa di Gattuso. Sulla trequarti la fantasia di Totti e quella di Del Piero a fornire assistenze perfette per i vari Toni, Inzaghi e Gilardino. A gestire in maniera magistrale il tutto una persona speciale: Marcello Lippi. Il mister fu autore prima e durante il Mondiale di scelte uniche e coraggiose, come quella di Totti, convocato nonostante non calcasse i terreni di gioco da mesi a causa di un infortunio.

Essere italiani

Lo sport, e in particolare il calcio in Italia, ha un potere particolare; unico per certi versi: abbatte ogni tipo di barriera. Basta indossare una maglietta dello stesso colore per eliminare ogni tipo di differenza apparente che nella vita di tutti i giorni ci schiera uno contro l’altro. Mentre la nostra società tenta di farci identificare un nemico, e spesso è qualcuno diverso in qualcosa da noi, lo sport ci aiuta a trovare un compagno. Lo sport unisce, ci rende fratelli. Proprio per questo quel 9 luglio era più bello essere italiani. Era più bello essere italiani perché tifosi di squadre diverse si abbracciavano per l’ultima volta prima di farsi la guerra in tribunale 16 giorni dopo per il processo su Calciopoli.

Oggi, 9 luglio 2023, è la diciassettesima ricorrenza di quella vittoria. Ecco, a 17 anni di distanza bisognerebbe interrogarsi sul perché ci serva un trionfo nazionale per sentirci fieri della nostra nazione. Bisognerebbe interrogarsi sul perché serva un’impresa sportiva di una spedizione di 23 ragazzi per gonfiare il petto e amare la nostra patria. E magari, anche capire come sia possibile che il giorno dopo combattiamo, come fosse un nemico, il fratello con il quale abbiamo gioito il giorno prima. La verità è che il 10 luglio 2006 esistevano di nuovo Nord e Sud, all’interno dell’Italia.

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