Covid, lockdown, zona gialla, arancione e rossa… alzi la mano chi, come me, è stufo di sentir parlare della pandemia e si gode un’intrigante puntata della nuova serie Netflix Lupin per evitare di assorbirsi monotoni e ripetitivi telegiornali. Se avessi davanti una platea immensa di persone, penso che ben pochi terrebbero il braccio abbassato. Perché effettivamente è proprio così, ormai su giornali, alla tv e su internet si parla solo più di questo, tutto il resto è finito miseramente in un angolino. Quindi è giunto il momento che la cara Lucy (che ovviamente sarei io, parlare di me in terza persona ha quel non so che di emozionante) si attivi in vostro soccorso… strappo alla regola e via con altre idee antioverdose di news da pandemia!

Molto bene, con l’articolo di oggi si andrà un pochino indietro nel tempo, per la precisione nei primi anni del secolo scorso, ma tranquilli non vi parlerò dell’epidemia “spagnola” o di pestilenze varie. Nell’ultimo tranquillo pomeriggio domenicale, ho fatto un salto a casa di mio zio Giovanni. Lui, pensionato di professione e storico per passione, mi ha accolta con un affettuoso sorriso ed un fascio di vecchi fogli e documenti tra le mani. Immaginate la curiosità e la smania di sapere, quando mi ha spiegato che quelli che stava riordinando erano preziosi reperti per così dire di storia culinaria locale, menù di alcuni ristoranti un tempo rinomati della zona, riferibili agli anni tra il 1913 e 1926. Immediatamente nella mia testa è scattata la scintilla, “perché non mostrare questi gioiellini ai miei lettori di NoSignal?”.

antichi menù dalla collezione di Giovanni Cornaglia

Ed eccoli qua. La prima caratteristica che mi è saltata all’occhio è stata la tipologia. Non sono classici menu à la carte, quelli che si sfogliano al tavolo di un qualsiasi ristorante insieme alla carta dei vini, bensì tipici “menù d’occasione”, legati al motivo del pranzo o della cena a cui fanno riferimento. Quello centrale nella foto per un matrimonio, a destra quello di per un’onorificenza militare, per una cena di una società sportiva quello di sinistra. La struttura e la forma, caratteristiche che li differenziano dai menù di oggi, sono veramente particolari, a parer mio quello con pubblicità e logo del famoso vermouth Martini & Rossi di Torino è sicuramente il più “attraente”, con quei bordi ornamentali in stile tardo Liberty ed il prezioso affresco nella parte superiore del foglio… Ma pure nella loro disarmante semplicità i restanti due cartoncini riescono ad invogliare l’ospite ad iniziare senza indugi ad abbuffarsi.

Sicuramente, caratteristiche di ogni pranzo o cena importanti sono la durata e l’abbondanza di quanto proposto. Penso che siate tutti d’accordo con me sul fatto che i pranzi eterni, allora come adesso, in cui ti siedi a mezzogiorno e alle quattro del pomeriggio sei appena ai secondi, siano sempre un colpo di cannone allo stomaco, tant’è che ti senti ancora sazio pure il giorno dopo. Ma il piacere che ci dà un così gustoso sacrificio è tale da non farci affatto pesare all’imperdonabile attentato alla salute.

Però che ci vogliamo fare, chi non sarebbe attratto da un gustoso fritto misto alla piemontese, con semolini, bistecchine di pollo, fegato, salsiccia, verdurine, agnello, mele, albicocche, prugne, amaretti fritti, e chi ne ha più ne metta? Dai, siamo onesti, nessuno! quindi al diavolo i pregiudizi. Perché preoccuparsi, fortunatamente queste occasioni non sono così frequenti, e la bilancia non si lamenterà se si aggiungesse qualche etto in più, basta che si chiuda un occhio e ci si riprometta una corsetta supplementare, e la storia si concluderà senza nessun rimorso. Si vive in fondo una volta sola giusto?

Chi si aspettava la ricettina di una dei tanti manicaretti elencanti nei tre menù storici presentati sopra si ricreda pure, e che sono, la nipote prediletta di Cracco?

NoSignal Magazine

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1 Comment

  1. […] che a farsi, ma questa volta la fortuna è stata dalla mia parte. Mi sono ricordata infatti che mio zio collezionista accanito di cui vi avevo parlato qualche articolo fa, giorni addietro mi aveva passato un vecchio […]

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