Il presidente egiziano Al-Sisi ha ottenuto, dalle mani del premier francese Macron, la Legione d’Onore, il più alto riconoscimento rilasciato dallo Stato francese. Si tratta di una notizia che pare avere scontentato l’opinione pubblica nel nostro Paese come in buona parte d’Europa. Il presidente egiziano Al-Sisi, come è noto, si trova al centro di un vortice di polemiche a causa delle, oggettivamente, inaccettabili condizioni del sistema carcerario del suo Paese e per via del suo profilo politico totalitarista e dispotico nei confronti della popolazione tutta che dimora in Egitto. La Francia, però, in fiorenti rapporti commerciali con il leader d’Egitto, avrebbe voluto rinsaldare i rapporti con quest’ultimo tramite il rilascio della prestigiosa onorificenza, seppure in una condizione di velato silenzio, dal momento che, mentre l’avvenimento è stato registrato dai giornali d’Egitto con moto d’onore, i cittadini francesi non sono stati neanche informati dell’esistenza di un colloquio fra Macron ed Al Sisi.

Scritta in questi termini, con grande leggerezza si potrebbe liquidare la presidenza di Al-Sisi in Egitto come un prodotto del ludibrio e della sfacciataggine occidentale nella gestione della questione nordafricana; non si può che prendere atto dell’interesse inestinguibile della potenza occidentale francese nell’ungere un elemento vitale per la stabilità geopolitica e amministrativa nell’ecosistema del Nord Africa, nonostante questi sia un alleato scomodo e non allineato all’immagine neo-socialista ed arcobaleno che la Francia vuole vendere all’Europa ed al mondo dei media. Le cerimonie e le cene fra Macron ed Al Sisi dovevano, quindi ed inevitabilmente, essere occultate allo sguardo del laico popolo francese così come ai partner d’Europa.

La risposta di una personalità della cultura italiana come Corrado Augias, il quale ha rinunciato all’onorificenza della Legione d’Onore presso l’ambasciata francese in Italia, è stata un segnale di rara coerenza ed eloquenza nei modi e nel pensiero, soprattutto noti quei fatti che hanno riguardato l’Italia in prima istanza: il caso Regeni prima, ed il caso Zaki, arrestato in Egitto il 7 febbraio 2020 dopo una lunga permanenza di studio a Bologna. Il giornalista italiano ha ribadito come la «difesa dell’utopia dei diritti umani» sia, per quanto una realtà irraggiungibile, un tema fondamentale che deve essere presente nella progettualità etica di ogni Stato moderno.

Nonostante ciò che è stato detto da Augias, quanto diffuso sui canali social da personalità del jazz-set e del cinema, e nonostante la moltitudine di detenuti di natura politica nelle carceri egiziani e le deprecabili condizioni socio sanitarie in cui versano le prigioni egiziane, fra le quali il temibile carcere di Tora “lo Scorpione”, è doveroso ricordare come i legami politici e commerciali fra le potenze occidentali, in testa l’Italia e la sopracitata Francia, e l’Egitto siano inamovibili. Diverse personalità della politica italiana, provenienti da esecutivi e da partiti differenti hanno, in tempi diversi, avuto modo di declamare come fosse rilevante l’alleanza politica con Al- Sisi.

Vediamo di carpirne le cause fondanti.

La caduta di Mubarak nel 2011 preparò l’ascesa della corrente radicale dei Fratelli Musulmani, i quali riuscirono a porre il proprio candidato Morsi del Partito Libertà e Giustizia alla presidenza d’Egitto nel 2012. Il colpo di Stato dell’allora comandante in capo delle forze armate egiziane Al Sisi nel 2013 significò, in primis, la destituzione e la cattura di Morsi, alla quale seguì una violenta repressione del partito dell’avversario e dei Fratelli Musulmani. La situazione carceraria d’Egitto, già critica all’epoca del 2011, secondo l’OMS avrebbe subito un brusco peggioramento proprio in virtù della lotta spietata di Al Sisi contro i Fratelli Musulmani ed ogni altro oppositore politico o considerato tale. Nel caso di Zaki, infatti, questi fu considerato un criminale politico ed un rivoltoso in virtù dell’appartenenza ad una ONG per la difesa dei diritti umani, per avere avvicinato la famiglia di Giulio Regeni in Italia (personaggio che è divenuto oggetto di forte abominazione in Egitto poiché infausto per l’immagine del Paese nel mondo) e, addirittura, per avere scritto una tesi a favore dell’omosessualità.

È, però, nello scacchiere geopolitico dell’Africa che ha acquisito grande importanza la figura di Al Sisi. In primo luogo, l’Egitto si è rivelato il principale acquirente di armi da fuoco tanto per l’Italia che per l’industria francese; pare che l’acquisto da parte dell’Egitto di due corazzate italiane abbia fruttato al nostro governo una commessa di sei miliardi di euro.

In secondo luogo, Al Sisi pare essere l’unica personalità politica in Nord Africa capace del potere e della credibilità necessarie per fornire alle potenze occidentali un controllo dello stutus quo politico dello Stato fallito di Libia e della sua insoluta situazione politica.

Inoltre, Al Sisi pare un promettente alleato dell’Italia in tema d’immigrazione, dal momento che egli è un solido interlocutore al quale demandare affari relativi al controllo costiero nordafricano.

Durante gli ultimi sette anni, da quanto la Francia ha indirettamente appoggiato l’elezione di Al Sisi a fronte della minaccia del governo basato sul diritto islamico dei Fratelli Musulmani, il premier egiziano è stato l’unico ad opporsi con forza al costante serpeggiare di Erdogan fra le macerie della Libia e dell’Africa settentrionale, questi interessato a prendere posto visto il vuoto di potere andatosi a stabilire in virtù della dipartita di Gheddafi.

Per finire, Al Sisi, a partire dal 2013 è stato appoggiato dalla Chiesa Cristiana Copta, la quale ha riconosciuto nel presidente il primo difensore risoluto dagli attacchi del terrorismo e del fanatismo islamico. A tal proposito, il ruolo di Al Sisi quale prezioso baluardo della difesa dell’Europa dalla minaccia estremo-islamica è stato riconosciuto dallo stesso Macron durante il conferimento del titolo onorifico. La Francia di Macron, annerita dalla sanguinosa sequela di atti terroristici sul suo suolo nazionale, ha promulgato, infatti, una serie di leggi tese allo scoraggiamento delle pratiche di indottrinamento islamico in territorio francese, muovendosi, per la prima volta, verso una parziale ma non inintelligibile assimilazione dell’Islam in senso lato all’oltranzismo islamico, tutto ciò al fine di difendere la laicità dello Stato francese.

In questa antologia di interessi politici, economici, di difesa culturale e nazionale dal terrorismo internazionale islamico, come e a quale livello dovrebbero trovare posizione le accuse mosse ipoteticamente all’Egitto dai leader occidentali in tema di rispetto dei diritti umani su quel suolo nazionale che è posto al di sotto della giurisdizione dello stesso Al Sisi?

Quanto sta avvenendo nelle carceri d’Egitto, come per le strade e nelle università, con le scie di brutali soverchierie ai danni di vittime per noi senza nome, oltre che le violenze e le repressioni dispensate ai non allineati, non hanno alcuna scusante ma, d’altronde, quale frutto può nascere in un clima di violenza radicata in uno Stato semi-totalitarista e post-rivoluzionario, esso stesso il risultato di un doppio colpo di Stato favorito e patrocinato dalla Francia, dall’Italia in testa all’Europa, prima con l’obiettivo di eliminare Mubarak e poi Morsi?

Lasciamo perdere l’ipocrisia e le false promesse di liberazione spese ai danni di un giusto come Patrick Zaki, declamate e poi arenate nel nostro Parlamento, e che questi nostri politicanti, il cui unico colore ravvisabile è quello monocromatico e stereotipato dell’avidità e della sfera di potere sul suolo internazionale, tornino ad onorare con titoli e riconoscimenti il presidente dell’Egitto affinché questi possa compiere, in Africa, il lavoro sporco che gli occidentali non hanno il coraggio di fare ai danni dell’oltranzismo islamico, della Libia e della Turchia.

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