Nei giorni scorsi ha destato notevole scalpore l’esultanza del M5S, esplosa sul famoso balcone di Palazzo Chigi, a seguito dell’accordo tra le forze di Governo sulla prima bozza del Documento di Economia e Finanza (DEF). Lo ha destato in quanto, su quella stessa balconata, quasi un secolo fa (in effetti, mi accorgo solo scrivendo che di tempo già ne è passato) Mussolini era solito aizzare le folle, come il giovedì trascorso Di Maio coi parlamentari del Movimento, riuniti nella strada in attesa della decisione. Lo ha destato in quanto visto come sfida all’intero sistema democratico italiano oltre che del sistema politico tradizionale.

In realtà, le cose stanno diversamente e ciò trova anche conferma nelle parole pronunciate dallo stesso Luigi Di Maio a DiMartedì dello scorso 2 ottobre.

Nessuno dei presenti era al corrente del gesto parallelo che stava compiendo, ossia un forte richiamo storico. Probabilmente in quanto ben pochi di loro sono (ma a questo punto, si spera fossero) a conoscenza dell’usanza fascista e di quanto fosse simbolico quell’edificio e, quasi certamente, nessuno di loro conosce i legami tra le due cose. Anche se, a dire il vero, considerando che al momento sono loro alla guida del nostro Paese, almeno un paio di domande sulle loro competenze sarebbe lecito porsele. Altrimenti, si corre il rischio di avere troppe persone laureate in diritto che si dedicano alla salute pubblica, troppi economisti che si dedicano al diritto in quanto loro passione e troppi medici che si dedicano alla gestione delle materie economiche per “farsi le ossa”. Oppure semplici appassionati alle prime armi che si cimentano in soluzioni innovative, spesso fantasiose e poggianti su troppo delicate basi.

Una buona parte della sinistra italiana ha comunque colto l’occasione (come suo solito) per urlare al golpe, al disonore dei morti durante la liberazione e per lo scempio compiuto verso le istituzioni, come se tutte queste cose fossero state premeditate. Nessuno di loro però ha cercato di guardare più a fondo. Se lo avessero fatto, si sarebbero resi conto che, tenuto considerata la leva parlamentare che ha M5S, sarebbe stato meglio preoccuparsi per la mancata conoscenza della storia d’Italia. Più che altro, perché ciò è sinonimo di lacune formative anche di altri ambiti, in primo luogo proprio della materia che quella sera stavano trattando, ossia l’economia. Questo comunque, avendo molta meno leva emotiva, è stato dimenticato, tutto sommato a cuor leggero da Martina & Co.

Il problema vero infatti è proprio quello che è stato trascurato: la scarsa padronanza delle materie politiche, storiche, economiche e sociali dei rappresentanti del Parlamento.

Purtroppo è un problema abbastanza generalizzato. Ciò influisce negativamente nello svolgimento delle funzioni politiche, in quanto non solo chi governa, ma anche chi deve fare opposizione spesso e volentieri ignora ciò di cui si stia parlando, spesso ripetendo a vanvera discorsi sentiti da altri. Questo penalizza di conseguenza tutto il processo legislativo e la credibilità che l’Italia dimostra verso gli altri Paesi.

Concludendo. L’ignoranza non è in realtà un problema nuovo per la nostra classe politica, che già da ormai troppo anni versa in queste condizioni, nonostante le cose siano andate comunque mediamente peggiorando. La vera novità è però, come espresso sebbene non letteralmente da molti capi politici, il vantarsi di queste lacune conoscitive, in quanto viste come causa dei problemi odierni, poiché “coloro che ci hanno preceduto, conoscevano ed hanno sbagliato lo stesso”. Un ottimo messaggio propagandistico forse, ma molto pericoloso da applicare. Anche se forse, vista così, ha anche un suo lato arcadico. Se tutti gli Italiani (ma meglio ancora tutti gli umani) non conoscessero infatti la matematica, nessuno si preoccuperebbe del rapporto Debito/PIL, e forse davvero vivremmo la politica in modo più leggero.

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