Il mondo dello sport e quello della politica sono da sempre fortemente interconnessi, e la loro commistione negli ultimi mesi si è acuita in maniera notevole. Se le competizioni sportive sono state sfruttate negli anni per catalizzare l’attenzione delle masse e per consolidare la leadership di molti capi di Stato, l’impegno politico e sociale di molti atleti professionisti è andato ad amplificarsi soltanto di recente, con stelle di svariate discipline sportive che sempre più spesso rilasciano dichiarazioni esplicite riguardo a ideologie politiche e ai loro promotori.

Uno degli eventi storici più simbolici ed emblematici del potere mediatico rappresentato da uno sportivo di successo è rappresentato dalle Olimpiadi di Berlino del 1936 e dai successi di Jesse Owens, corridore afroamericano che sbaragliò la concorrenza ‘causasica’ nelle gare di velocità dell’atletica leggera, andando a minare il mito della superiorità della razza ariana tanto caro al Terzo Reich, e che proprio quella manifestazione avrebbe dovuto dimostrare agli occhi di tutto il mondo. La sua figura negli anni successivi venne insignita di numerosi riconoscimenti e venne abilmente sfruttata in chiave politica da Dwight Eisenhower, 34° Presidente degli Stati Uniti, il quale lo nominò Ambasciatore dello Sport.

Il primo grande gesto politico in una competizione sportiva avvenne, tuttavia, qualche anno più tardi, sempre in ambito olimpico. Nel 1968, a Città del Messico, Tommie Smith e John Carlos, rispettivamente vincitore e terzo classificato nei 200 metri piani di atletica leggera, durante la cerimonia di premiazione salirono scalzi sul podio, chinarono il capo e alzarono il pugno chiuso e avvolto in un guantone nero al cielo, rimanendo in questa posizione per tutta la durata dell’inno nazionale statunitense, come forma di protesta nei confronti del razzismo perpetrato dai bianchi verso gli afroamericani. Questo episodio destò stupore e fece scandalo, ma soprattutto contribuì a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema che, purtroppo, è ancora oggi di estrema attualità.

Sebbene tante discipline sportive siano state interessate negli anni da episodi e prese di posizione a sfondo politico, alcune di esse, con i loro rappresentanti, hanno avuto un ruolo più determinante nel consapevolizzare le masse e nel trasmettere messaggi a sfondo sociale, di critica o di appoggio nei confronti di esponenti “dell’arte di governare”, a causa della loro maggiore diffusione e del più nutrito seguito. Fra questi si annoverano il calcio e il basket, particolarmente popolari nel mondo occidentale.

Per attingere da vicende più recenti rispetto a quelle sopracitate, non si possono non menzionare alcune affermazioni da parte di figure di spicco del club calcistico del Barcellona in merito alla dichiarazione d’indipendenza della Catalogna, risalente al 2017. In quell’occasione sia l’allenatore Pep Guardiola che la colonna difensiva Gerard Piquè, entrambi catalani, non si esimettero dal manifestare il proprio appoggio verso l’autonomia della regione dalla Spagna, e questo ebbe una notevole risonanza mediatica, con il dibattito pubblico che diventò ancora più infervorato.

Un altro caso emblematico e grave, per le ripercussioni subite a seguito dell’opposizione dimostrata, riguarda il cestista di origine turche Enes Kanter, la cui critica alle politiche repressive del presidente Erdogan gli sono valse la revoca della cittadinanza turca, il misconoscimento da parte della famiglia e l’incarcerazione del padre, da pochi mesi tornato in libertà.

Tuttavia la tematica che ha mobilitato più voci nel passato recente e ha avuto più risonanza mediatica oltre che contraccolpi a livello politico è stata la violenza degli agenti di polizia nei riguardi della popolazione di colore, il cui apice è rappresentato dall’ormai tristemente noto omicidio di George Floyd, il casus belli che ha indotto centinaia di migliaia di persone a scendere in piazza a manifestare il proprio dissenso e a riversare tutta la propria rabbia, verbalmente ma anche attraverso la violenza. Le rivendicazioni del movimento “Black Lives Matter” sono state condivise e diffuse da singoli atleti ma anche da intere squadre e federazioni sportive, con alcune delle stelle del basket statunitensi che hanno reagito all’accaduto invocando un drastico cambiamento di mentalità e denunciando la gravità di eventi di questo tipo, sintomi di una discriminazione radicata e persistente nel tessuto sociale dell’Occidente. LeBron James, Stephen Curry, ma anche leggende del passato come Michael Jordan e Earvin ‘Magic’ Johnson hanno in qualche modo espresso la propria opinione, a testimoniare l’estrema e recente vicinanza fra l’emisfero sportivo e quello politico.

Le denunce da parte degli sportivi si sono presto trasformate in appoggio alla candidatura del Presidente eletto Joe Biden, ovvero colui che avrebbe potuto agire in ottica antirazzista e operare al fine di ridurre le diseguaglianze fra bianchi e neri. Un consistente numero di atleti, statunitensi e non, hanno incentivato gli elettori via social a votare per l’ex senatore del Delaware, oltre a sottolineare l’estrema importanza del recarsi alle urne, e mai come negli ultimi mesi, scanditi dalla pandemia e dalla campagna elettorale negli States, si è assistito a un livello tale di politicizzazione nel mondo dello sport. Il cestista dei Lakers LeBron James è stato addirittura additato da Trump di essere un portavoce dei democratici, sebbene le sue asserzioni non riguardassero nello specifico il colore politico dei poliziotti o dei bianchi in generale.

La popolarità dei grandi sportivi, da tempo sfruttata per motivi economici o per dimostrare la forza di una nazione, si è rilevata progressivamente un’arma a doppio taglio per i governanti, in quanto, abbinata alla capillarità della diffusione delle informazioni tramite i social, rappresenta un mezzo potente per veicolare messaggi politici. Le presidenziali americane ne sono state un fulgido esempio, ed è molto probabile che verrà dato loro molto seguito negli anni a venire.

Aspiranti leader del futuro, una nuova forma di dissenso vi aspetta.

Davide Camoirano
23 anni, frequento il 5° anno di Medicina e Chirurgia a Torino. Nel tempo libero leggo, pratico sport e scrivo articoli, sportivi e non solo. Sono appassionato di ciclismo, nuoto, politica, attualità, storia e, naturalmente, medicina, anche se mi piacerebbe aggiungere un tocco di creatività alla mia 'grigia' routine quotidiana.

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