La nuova serie targata Amazon Prime Video è violenta, cinica e sfacciatamente immorale. No, non sono sicuro che abbia anche dei difetti.

Se vi chiedessimo di prendere la vostra immagine concettuale del supereroe da locandina a piene mani e gettarla nel cesso, come reagireste?

E’ una premessa fondamentale al fine di proseguire con la recensione di The Boys, serie TV al debutto su Amazon Prime Video. Con la trasposizione su piccolo schermo dell’opera fumettistica firmata da Garth Ennis (siamo nel “lontano” 2006), Eric Kripke, Evan Goldberg e Seth Rogen si prendono la libertà di stravolgere la tipica concezione del cinecomic, quel diktat con cui la Marvel ci ha affettuosamente lobotomizzati negli ultimi 10 anni.

In The Boys ci viene presentata una società che potremmo definire iperrealistica (fatta eccezione per i superpoteri), dove da una parte ci sono i “Sette”, una squadra di supereroi selezionata scrupolosamente al soldo dell’ associazione governativa Vaught International, e dall’altra la popolazione in preda a un’idolatria smodata nei loro confronti. Fin qui tutto bene, se non fosse per il fatto che dietro questa facciata sfolgorante si nascondono la lussuria, la violenza, e la cupidigia di sette individui volti esclusivamente alla realizzazione personale. Quello che ci viene mostrato nella serie è il lato oscuro del supereroe, che attraverso la propria posizione di potere si sente in diritto di operare liberamente, a prescindere da qualsivoglia valore etico. Un’attitudine pericolosa, puntualmente limitata dalla Vaught, del tutto consapevole, il cui compito principale consiste nell’insabbiare azioni sconsiderate che possono avere ripercussioni pesanti sull’opinione pubblica.

La trasposizione su schermo del fumetto, tratteggiata con cura dagli sceneggiatori, è intenzionalmente volta al binge-watching, in quanto ci presenta gradualmente i protagonisti della storia: attorno a Billy Butcher (uno straordinario Karl Urban), routano in perfetta sincronia il Piccolo Hughie, Femmina della Specie, il Francese e Latte Materno. Sono loro i buoni, i Boys, persone normali, portatori non troppo sani di pregi e difetti. Ognuno di essi ha le proprie ragioni per serbare rancore nei confronti dei Super. Hanno perso molto a causa loro e se lo rinfacciano a vicenda, evidenziando un’indole straripante che peggiora con il passare degli episodi. Tuttavia è necessario comprendere che prima di subire un torto da parte dei Super, nonostante non abbiano mai provato grande simpatia verso di essi, conducevano una vita normale, con amori, affetti e amicizie. A pensarci bene, è l’aspetto più controverso dell’opera. I The Boys non si oppongono ai Super per rivendicare i diritti di una società indirettamente assoggettata e ingannata, bensì in nome di loro stessi, in nome di una vendetta personale in contrasto con l’etica ormai perduta. Questo li mette forse sullo stesso piano dei Sette?

È qui che il mondo cinico e scorretto di Ennis emerge in tutto il suo “splendore”. Ci rende schiavi del nostro rancore e ci costringe ad azioni irragionevoli pur di soddisfare il desiderio di riscatto personale. The Boys non ha l’intento di insegnarci nulla, non ci fa la morale, si limita a dipingere il contesto sociale nel quale ci troviamo a vivere, senza compromessi. Da una parte o dall’altra, buoni o cattivi che siano (ammesso che si possano definire tali), non si salva nessuno.

Fin dove possiamo spingerci per soddisfare il nostro desiderio di riscatto?

A cosa siamo disposti a rinunciare, e quanto?

Guardando The Boys, forse dovremmo chiedercelo.

Giorgio Rolfi
26 anni, di cui 19 trascorsi nella musica.  Cinema, videogames e dipendenza da festa completano un carattere non facile, ma unico nel suo genere... Ah, dimenticavo, l'umiltà non è il mio forte. 

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