IL GENIO DELL’IRONIA DI DAVID SEDARIS

David Sedaris è un greco, omosessuale, naturalizzato a Raleigh, in North Carolina.

Secondo di sei figli, dalla scostante tendenza al fancazzismo, in adolescenza, e pungente ironia in età adulta, poco ortodosso sia di religione che nei modi, è incapace di dare una direzione alla sua vita se non per scoprire che la sua missione è la narrazione. Una narrazione autobiografica che mischia una riflessione fatta a posteriori, con una tendenza ad ingigantire i fatti, dando al lettore un continuo senso di “ma che, davvero?!” che rende il tutto esilarante e irresistibile: la realtà si mischia alla fiction e alla fine, anche se non capiamo bene se quello che stiamo leggendo è vero, impariamo però una grande verità: l’ironia salverà il mondo.

Lo stile di scrittura di David Sedaris, infatti, è un funambolico andirivieni tra episodi di vita e riflessioni sopra ad esse.

Io sono molto affascinata dalle biografie: mi affascina entrare nella psiche dei personaggi e, se quest’ultimi sono realmente esistiti, il fascino si amplifica. Inoltre David ha un approccio molto diverso dal mio: è dissacrante e crudele verso la sua famiglia. Ne analizza e riporta nero su bianco ogni difetto, tic, ipocrisia. Nonostante io sia sicuramente più ortodossa di questo autore (non tanto di religione, quanto di modi) e nonostante abbia storto il naso in più di una occasione di fronte a dichiarazioni e racconti di quest’ultimo, devo ammettere che la fine di ogni episodio sapeva sorprendermi, mettendomi di fronte ad un continuo confronto fra le esperienze di David e le mie.

C’è da dire che la spietata assenza di privacy che Sedaris regala alla sua famiglia permette però di empatizzare con tutti i personaggi: nonostante siano paranoici, bifolchi, business-man improvvisati e nonostante si leggano capitoli in cui ci si chiede se non era meglio chiamare gli assistenti sociali, anziché ridersela di gusto … alla fine si ride e ci si commuove anche a leggere di questa giostra di umanità, affetto e parole non dette.

David ha un meraviglioso rapporto con le sorelle. Strano, forse morboso, ma guidato da un profondo amore. Le protegge, le ascolta, osserva con attenzione le donne che sono diventate e spesso si intromette nelle loro vite, con risultati di dubbio gusto, certamente, ma sempre con il fine di fare del bene.

“Il telefono in salotto squilla, e non mi sorprendo che Tiffany risponda. A chi chiama non dice che ha visite, anzi, con un certo sollievo da parte mia, si lancia in quella che promette di essere una lunga conversazione. Guardo mia sorella camminare a passi lunghi per il salotto, sollevando nuvole di polvere con i grandi zoccoli. Poi riempio il lavello di acqua calda e detersivo, mi rimbocco le maniche e comincio a salvarle la vita.”

Dai genitori ricerca approvazione e conforto. Come tutti noi. E, come per tutti noi, non sempre arrivano nelle modalità che speravamo. Allo stesso tempo accettare un figlio omosessuale, nei primi anni ’70, fancazzista, fattone e con una voglia di emancipazione pari a zero, quando sei un emigrato di origine greca, non deve essere nemmeno facile. E neppure essere madre di sei figli lo deve essere, soprattutto se in realtà hai uno spirito da grande (e subdola) imprenditrice. Eppure, fra uno scivolone e l’altro, vediamo crescere, cambiare e consolidarsi il rapporto tra genitori e figlio. Vuoi tramite una scazzottata, oppure un trasloco.

E il fratello. Così diverso da lui, così distante: per abitudine, cultura, ambizioni, passioni. Eppure mi ha commosso il desiderio, nascosto e che rimarrà tale, di David, di essere il suo testimone di nozze e di poter fare il discorso, un discorso che prepara da anni.

Infine il suo compagno, Hugh, verso cui dimostra una delle più grandi abilità che occorre avere per curare un amore: la capacità di accettare e fingere. Fingere che il film sia bello, fingere di incantarsi di fronte alle stelle, fingere di appassionarsi alla ricerca di un nuovo appartamento. Perché, come dice l’autore stesso, se i film sulle coppie durature sono così rari è perché questa categoria conducono vite noiose: “una volta Hugh mi ha colpito alla nuca con un bicchiere rotto, e io sono stramazzato a terra fingendomi svenuto. È stato romantico, o almeno lo sarebbe stato se lui si fosse precipitato al mio fianco, invece di scavalcarmi per andare a prendere la paletta per la spazzatura.”

E allo stesso tempo è questa la più grande sfida: resistere alla noia, nutrire di piccoli dettagli la coppia. “Mi ricordai di quanto sono fortunato. I personaggi dei film possono inseguirsi nella nebbia o precipitarsi giù per gli edifici in fiamme, ma quella roba è da principianti. Il vero amore consiste nel tacere la verità, anche quando ti viene offerta l’occasione perfetta per ferire i sentimenti dell’altro. […]. E allora ho avvicinato la mia sedia alla sua di qualche centimetro, e siamo rimasti lì, seduti in silenzio al nostro tavolino sulla piazza, con l’aria, agli occhi di chiunque, di due persone innamorate.”

David Sedaris dona alla realtà un punto di vista unico. Tra le letture che ad ora ho fatto è sicuramente il più cinico, ironico e poetico. Un mix di elementi che non capisco, ancora adesso, come sia possibile convivano.

Eppure quanto è bello analizzare le culture in base alle tradizioni di Natale? Oppure in base alle leggi sul possesso di armi? O alle differenze sui versi che fanno gli animali (grazie a lui ho scoperto che in Germania i galli fanno “kik-a-riki”)?

Anche la sua visione sul mondo hippy è bellissima e, in parte, profondamente vera: un gruppo di accattoni che fanno a gara per chiedere l’elemosina, sfruttando il movimento globale “No war”.

Infine mi ha colpito la sua capacità di chiedere scusa. Anzi, innanzi tutto mi ha colpito la sua capacità di fare lo stronzo, egoista, bastardo. Appare insensibile, approfittatore, profondamente egocentrico. Abile nel fare cazzate e offendere gli altri. Eppure così umano nello sbagliare e poi chiedere scusa. “In virtù di tutto ciò che è successo fino a questo momento, sappiamo che l’ometto ha qualcosa di importante da comunicare. Le parole che sta per dire non hanno senso se pronunciate dalla sua bocca, motivo per cui prende una sedia e la avvicina alla gabbia. L’orologio segna le tre del mattino, poi le quattro, poi le cinque, e intanto l’ometto rimane seduto davanti all’uccello colorato, ripetendo in modo lento e chiaro le parole: Perdonami. Perdonami. Perdonami.”

Sicuramente David Sedaris mi insegnato che affetto e amore non si manifestano in ugual modo per tutti, ma per tutti noi sono necessari.

Si viaggia attraverso questi frammenti di memoria, spezzoni di vita che ci vengono presentati a piccoli tocchi, mai in un disegno di insieme, eppure così ben collegati.

E l’ironia. Mi ha insegnato un’ironia incalzante, sardonica, al limite del comprensibile. Una ironia che permette di leggere anche la morte come quello che effettivamente è: un naturale episodio della nostra esistenza. Un’ironia che sa trasformare ogni più piccolo frammento di esistenza, in qualcosa di unico e irripetibile, proprio come siamo noi umani.

David Sedaris saprà, senza ombra di dubbio, fagocitarvi nella sua psicotica realtà.

NoSignal Magazine

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