«Chi allena una squadra di calcio ha un obbligo: vincere. Il come ha smesso di essere importante, ma immagino che come esiste il doping economico bisognerebbe esserci una punizione per chi non rispetta la bellezza del gioco per ottenere la vittoria. La gente che ama il calcio mi interessa più di tutti, specialmente coloro che trovano nel calcio una soddisfazione che non possono ottenere con altro: i più poveri. Noi abbiamo molte alternative per divertirci, i più poveri hanno solo il calcio. A me costa accettare che l’unica cosa che offriamo sono i risultati, perché se non offriamo il calcio come elemento estetico lo stiamo impoverendo. La condizione dell’estetica l’abbiamo come esseri umani ed è collegata alla sensibilità che non si può ignorare. Non si può mercificare tutto. Non può essere legato tutti alle logiche di mercato, al chi vince è bravo e chi perde è scarso».

Le parole sopra citate sono state pronunciate qualche anno fa da Marcelo Bielsa in una conferenza. L’ex allenatore del Leeds è il promotore della battaglia idealistica contro chi impoverisce il gioco del calcio. Lui stesso spesso ha riconosciuto la paternità di questo gioco alla gente, specialmente quella più povera, dichiarando di avere un obbligo morale verso la stessa. La figura di Marcelo Bielsa l’abbiamo già approfondita in passato, ecco a voi il link per saperne di più.

Queste parole mai come in questo periodo sono attuali e devono contribuire nel dare un valore ancora più importante alla vittoria del Napoli di Spalletti contro la Juventus di Allegri. La partita nella partita infatti si è disputata tra i due allenatori toscani. Il primo propone un tipo calcio propositivo e divertente, invidiato in tutta Europa. Proprio in Champions League ha infatti avuto la propria consacrazione con le vittorie per 4-1 e 6-1 ai danni rispettivamente di Liverpool e Ajax. Il Napoli ha quindi passato da primo un girone ostico con venti reti segnate e sei subite, andando avanti nella competizione. A differenza della Juventus, la quale propone un calcio rinunciatario, opposto alla bellezza del calcio. A dimostrazione di ciò in Champions League la squadra di Allegri ha pagato dazio, venendo eliminata ai gironi.

Perché vincere non è l’unica cosa che conta?

Massimiliano Allegri ha da sempre difeso la propria filosofia rappresentata dalla frase: «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta». Queste parole, unite a dichiarazioni in cui vedeva impossibile vincere giocando bene, gli hanno dato la definizione di un allenatore “brutto ma vincente”. Questo ha sempre retto fin quando effettivamente i risultati gli davano ragione, cioè più di tre anni fa. Nel frattempo però il calcio è cambiato, lui no. Ora qualunque squadra ricerca la bellezza, ormai criterio imprescindibile per arrivare alla vittoria. Dimostrazione lampante è proprio il Napoli, primo in classifica con 9 punti di margine sulla seconda e 10 sulla Juventus dopo appena 18 partite.

Si capisce bene come quindi non sia vero che non si possa vincere giocando bene e questo lo impariamo anche guardando all’estero come l’Arsenal, prima in Premier League, o il Barcellona, primo in Liga. Quello che è stato fatto in passato quindi non è stato altro che premiare e valutare come buono un percorso che aveva ottenuto più di quanto avrebbe dovuto meritare e che di buono non aveva nulla. Dimostrato questo va detto che non importa se Napoli, Barcellona o Arsenal riusciranno a vincere, dico davvero. Ciò che è realmente importante è quello che hanno trasmesso e continueranno a trasmettere ai propri tifosi o a chiunque ami il calcio. Questo gioco non è mai stato, non è e non sarà mai statistiche e risultati; il suo scopo sarà sempre e soltanto uno: emozionare.

NoSignal Magazine

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