Che cos’è la Morale? Alcuni sosterrebbero che si tratti di quell’insieme di regole e precedetti che, appresi o interiorizzati, dominano il nostro rapporto col mondo esterno. Altri ancora, a questa domanda risponderebbero come l’insieme delle regole non scritte ma comuni che dominano i rapporti interpersonali. Altri ancora, che con essa si intenda il modo di stare al mondo, comune ad ogni individuo della medesima società. Altri ancora, che si tratti di quieto vivere, per non infastidire la vita degli altri. Altri ancora che si tratti di rispetto, ed alla fine nulla più. Wikipedia (per chi già non lo ha aperto iniziando l’articolo) risponderebbe con “La morale è l’insieme dei valori o dei principi ideali in base ai quali l’individuo e la collettività decidono liberamente la scelta del proprio comportamento”. Altri ancora, tra i quali il sottoscritto, la considerano solamente un misero lascito del passato, dove la mancanza e la grande lacuna di leggi scritte obbligavano le comunità ad adottare comportamenti standard per il semplice quieto vivere.

La Morale è, per così dire, passata. Raffigura molto bene il Medioevo, quando i ducati nascevano e morivano delle volte in meno di un anno, le leggi cambiavano continuamente e le persone comuni, analfabete, non avevano modo di accedere alla conoscenza di esse. Ecco che, quindi, seguire dei principi morali permetteva di adattarsi alla quasi totalità della legislatura, anche quando veniva cambiata nella sua interezza. Oggigiorno, sembra invece quasi un modo di giustificare dei propri comportamenti, facendo leva su determinati modi d’approcciarsi alla vita di ciascun individuo, ovvero sulle abitudini che da sempre ha appreso e con le quali ha convissuto. O quelle che ci vengono tramandate dalla religione, altro pesante e problematico lascito di un passato nel quale la Scienza non era in grado di spiegare il mondo in cui viviamo.

Comunque sia, la Morale è anche quello strumento che ci permette di riprendere il comportamento degli altri, il più delle volte per criticarlo. Il marito che tradisce la moglie, il figlio che non si adegua alle scelte dei genitori, l’emarginato per sua scelta che non vuole prendere parte alle cerimonie cittadine, l’individuo che soffre di mancanza di empatia e colui che non ha la cultura del lavoro e dello sforzo per riuscire nella vita. Ecco, il 90% delle volte è in questi contesti che la parola “Morale” viene utilizzata.

Tuttavia, in un mondo nella quale i rapporti interpersonali sono quasi tutti vincolati da contratti, quando non da leggi, che senso ha smuovere un’altra serie di canoni per valutare la bontà delle azioni umane? Nessuno a mio avviso. Spesso, se non sempre, serve giusto come strumento per far valere le proprie ragioni in un discorso, soprattutto quando si ritiene di aver subito un torto.

E’ immorale l’adulterio. E’ immorale il tradimento. E’ immorale il venir meno della parola data. Vero da un lato, ed è per questo che nelle nostre leggi annoveriamo il divorzio e la possibilità di inserire clausole vessatorie nei contratti, che spesso e volentieri devono essere addirittura a parte confermate. E quindi, che valore aggiunto va a dare la parola “immorale”?

Il superamento della morale, in un certo senso persino l’autosuperamento della morale: possa essere questa la denominazione di quel lungo lavoro segreto che è riservato alle più fini ed oneste ed anche alle più maliziose coscienze d’oggi, quali viventi pietre di paragone dell’anima.

Friedrich Nietzsche definiva così l’auspicabile superamento di essa, quasi un secolo e mezzo addietro. E Vilfredo Pareto, sociologo ed economista italiano, “aggiungeva” un’altra verità:

I precetti morali sono spesso volti ad assodare il potere della classe dominante, spessissimo a temperarlo.

Traducendo e sintetizzando, la Morale altro non è che lo strumento per eccellenza per dominare la comunità e spingerla nella direzione che si vuole. Al tempo stesso, una pesante catena che non permette di spingersi oltre ai confini tracciati. E’ compito dell’uomo e dell’umanità del futuro riuscire a liberarsene, per poter raggiungere un nuovo e più elevato livello di convivenza sociale. Ecco che quindi si compirebbe l’Ubermensch di Nietzsche, questa volta però nella sua reale forma. Ed ecco che, finalmente, potremo pensare a rielaborare i nostri rapporti personali e la nostra comunità tutta in modo migliore e, perché no, forse al passo coi tempi. Liberandoci al tempo stesso di tutti quelli che sostengono di avere una morale solo quando devono criticare il comportamento degli altri, dimenticandosela però quando sono essi in prima persona ad agire.

Purtroppo però il filosofo tedesco divenne pazzo prima di vedere il frutto del suo pensiero portato al compimento. Il suo problema fu quello di essere giunto troppo in anticipo sui tempi. Il problema dei giorni nostri, invece, è quello di ancora non esserci arrivati, nonostante siamo un secolo e mezzo traslati in avanti.

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